È tornato a casa, nel ricordo dei suoi compaesani e a memoria delle atrocità di tutte le guerre, il sottotenente Luigi Turri morto nel 1940 durante il conflitto greco albanese. È tornato a casa, il ventiseienne del 1914 che era nato e cresciuto a San Peretto di Negrar, una delle migliaia e migliaia di vittime della seconda guerra mondiale, grazie all’accurata e amorevole ricerca storico biografica eseguita da Marco Vesentini, marito di una nipote di Luigi Turri. La ricerca, raccolta nel volumetto «S.Ten. Luigi Turri -Presente! Storia di un alpino della Julia», è stata presentata ieri sera, 21 aprile, nell’auditorium della scuola primaria di Negrar, a un centinaio di persone che non hanno voluto mancare all’appuntamento con la storia, la memoria del passato, la riflessione sul presente. Una presenza numerosa e partecipe.
«Grazie, così onorate il ricordo di Luigi Turri e tenete viva la memoria dei massacri e delle atrocità della guerra», commenta Vesentini. Al suo fianco lo storico Riccardo Mauroner e il moderatore Francesco Quintarelli, i cui interventi sono stati intercalati da brani letti dall’attore Franco Antolini accompagnato da un sottofondo musicale. All’inizio di serata, i saluti del sindaco di Negrar di Valpolicella Roberto Grison e dell’assessore Fausto Rossignoli, che si è adoperato per l’organizzazione della serata nell’ambito del cartellone culturale del Palio del Recioto e dell’Amarone. «La vicenda di Luigi Turri è estremamente attuale, purtroppo, visto che c’è una guerra in corso», dichiara il sindaco, «e in questo scenario il lavoro di Vesentini assume un rilievo ancora maggiore».
Guai infatti all’oblio sulle atrocità dell’umanità, come sottolinea Mauroner: «A settant’anni dal secondo conflitto mondiale stiamo assistendo alla storia che si ripete, purtroppo, alla manifestazione di un odio secolare, a episodi di enorme disumanità e inutilità». Spiega l’autore della ricerca: «All’inizio di questo percorso sapevo ben poche cose su Luigi Turri. Era lo zio di mia moglie, caduto nel 1940 in uno dei tanti scontri di quell’assurda guerra sul fronte greco albanese. Nel corso degli anni più volte ne avevo sentito parlare sporadicamente dai parenti, poi si sono susseguite in serie alcune coincidenze che mi hanno spinto a volerlo conoscere di più. Alla fine è emersa una figura interessante da riproporre ai giovani d’oggi, visti i parallelismi con gli attuali e drammatici scenari di guerra. La vita di Luigi, come quella di tanti giovani della sua generazione», conclude Vesentini, «fu sacrificata ingiustamente sull’altare dell’egoismo e della megalomania di una politica espansionistica senza senso».
Continua la solidarietà in Albania.
Procede a ritmo serrato la collaborazione tra il gruppo alpini di Lugagnano, l’associazione il “Dono” e il “Comitato lotta contro la fame nel mondo” di Forlì. Questa volta ho potuto toccare con mano la solidarietà verso i nostri amici di Scutari del “Progetto Speranza”, ma ho avuto anche l’occasione di conoscere altre associazioni, come la Madonnina del Grappa, le suore di Ravasco, le suore Piccole operaie del sacro cuore, le suore di Troshan con due istituti di cui uno a Durazzo, la parrocchia di Durazzo e le nostre sorelle della congregazione francescana di Cristo Re a cui noi alpini siamo molto legati da tanto tempo. Nell’ottica dell’amicizia che mi lega a Dino del “Comitato lotta contro la fame nel mondo” ho voluto accompagnarlo per poter incontrare Luigi Milla presidente del “Progetto Speranza”, per capire se è possibile effettuare un impianto fotovoltaico nelle quattro Case Famiglia del progetto, che l’associazione il “Dono” di Lugagnano ha intenzione di donare e di installare, ma purtroppo l’incontro con Luigi non è potuto avvenire perché era risultato positivo al Covid. Ma importante è stata anche la compagnia di Dino che ritengo una persona squisita e che ha scelto il volontariato come scopo della sua vita.
Il 12 aprile, alle ore 19, al Teatro Dal Verme di Milano (via San Giovanni sul Muro 3), verrà proiettato il film “Le 7 giornate di Bergamo”, presentato nel corso della 78ª edizione del Festival del Cinema di Venezia.
Il docufilm racconta, attraverso le parole di una ventina di testimoni, cosa hanno rappresentato i sette giorni in cui è stato costruito l’ospedale in Fiera a Bergamo.
La pellicola nasce da un’idea di Sergio Rizzini, responsabile nazionale della Sanità Alpina, sviluppata con Ambrogio Crespi e affidata alla prima regia di Simona Ventura.
Ingresso gratuito con prenotazione su Ticketone. Maggiori info su eventi.regione.lombardia.it
(fonte: www.ana.it) L’Università Cattolica del Sacro Cuore Campus di Brescia ha ospitato il terzo appuntamento del ciclo di conferenze “Alpini 1872/2022: le Truppe da montagna custodi della memoria, esempio di solidarietà”. I relatori, moderati da Mauro Azzi del Centro Studi Ana, hanno sviluppato il tema legato ad “Alpini e montagna: storia, letteratura e miti”.
Il prof. Nicola Labanca, direttore del Centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari, ha parlato delle “Le tappe della costruzione di un mito (e le sue basi reali)” discernendo, attraverso l’esempio dei grandi scrittori alpini, tra realtà dei fatti storici legati ai reparti alpini e la loro trasfigurazione nel mito, militare e popolare. Il colonnello Franco Del Favero, Capo di Stato Maggiore della brigata Julia, ha raccontato dei reparti alpini, attrezzati ed esperti per combattere in montagna, soffermandosi sulla presa del passo della Sentinella e i Mascabroni e dal mito scaturito da quell’azione ardita che ha avuto in realtà scarsi effetti complessivi sulla guerra in atto. Il prof. Rolando Anni, docente di Letteratura e Cristianesimo presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose dell’ Università Cattolica di Brescia, ha invece parlato di “Montagna e alpini: il territorio bresciano nella Grande Guerra e nella Resistenza”, partendo dalla nascita delle Fiamme Verdi che hanno richiamato le tradizioni dei reparti militari alpini.
L’incontro è stato aperto dal saluto del Presidente dell’Associazione Nazionale Alpini Sebastiano Favero e da quello del vice comandante delle Truppe Alpine, gen. D. Michele Risi.
La prossima conferenza del ciclo legato al 150° del Corpo degli Alpini organizzata da Ana e Comando Truppe Alpine dell’Esercito in sinergia col Centro interuniversitario di studi e ricerche storico, è in programma a Vicenza il prossimo 3 giugno.





L’iniziativa di raccogliere in più volumi le diverse annate del periodico sezionale alpino “Il Montebaldo” è oltremodo apprezzabile sia perché risponde ad un’esigenza sentita da numerosi nostri associati, sia perché renderà più accessibile a tutti i veronesi un periodico serio quale è stato e continua ad essere “Il Montebaldo”, organo d’un’associazione tra le più radicate e rappresentative della società veronese. Proprio in ossequio a tale sua ragion d’essere, “Il Montebaldo” non s’è mai voluto chiudere in una nicchia attenta esclusivamente alle tematiche relative all’arma, ma ha sempre rivolto la propria attenzione anche ai grandi temi della società. Scevro da qualsivoglia condizionamento politico o economico, come è nello statuto dell’ANA, “Il Montebaldo”, ricco di informazioni, di aspetti storici, di cultura, ma soprattutto d’amor di patria, di umanità e di valori, ormai da settant’anni porta nelle nostre case l’anima, i sentimenti ed il pensiero del nostro mondo alpino, guardando al futuro con la saggezza maturata dalle esperienze del passato. Questa ristampa delle prime 10 annate del “Montebaldo” rappresenta un tuffo nel nostro passato: per il momento remoto, quasi svanito dall’orizzonte; ma, se seguiranno altri annuari, potrà diventare più prossimo e ci consentirà di capire ancor meglio i principi fondatori, le aspirazioni, gli obiettivi dei nostri predecessori. La lettura è semplice e scorrevole e ci rimanda a forme espressive, prese di posizione, attenzione al contesto storico che oggi abbiamo un po’ troppo dimenticato; ci rammenta persone cadute nell’oblio, che hanno contribuito a illustrare la nostra Sezione.
Cade nel 2021 il secolo dalla deposizione della salma del Milite Ignoto – rappresentazione fisica, pragmatica, tangibile di ogni Fante d’Italia perito per la Nazione – presso l’Altare della Patria in Roma. Il Milite Ignoto, prima ancora che figura, è concetto e accomuna numerose nazioni europee che entrarono nel gorgo della Grande Guerra, indifferentemente dalla parte in cui si trovarono a combattere: si ha notizia del Milite Ignoto tedesco e di quello belga; di quello francese e di quello ungherese; di quello austriaco, romeno, inglese e via dicendo. Ma, rimanendo entro i confini patrii – esattamente quelli per cui innumerevoli, Milite Ignoto compreso, offrirono la propria giovane vita – si ritiene ora necessaria una breve trattazione sul nostro soldato ignoto caduto per la Patria. Gli strascichi che il conflitto lasciò negli animi e nei corpi d’Italia erano tangibilissimi, ma nonostante tutto ci si rendeva conto di aver combattuto la Quarta guerra d’indipendenza, come principiarono a chiamarla già gli storici contemporanei agli eventi: era dunque necessario renderne eterna memoria ai posteri. Come “base” del tutto venne scelto l’Altare della Patria o Vittoriano – celeberrimo santuario della religiosità nazionale -, costruito a partire dal 1885 su progetto dell’architetto marchigiano Giuseppe Sacconi (1854 – 1905), e fin nel nome dedicato al Padre della Patria Vittorio Emanuele II, defunto diversi anni prima dell’inizio dei lavori (il 9 gennaio 1878, un mese prima di Pio IX, l’ultimo papa-re defraudato del suo potere temporale dopo la breccia di Porta Pia). Si presentò chiaramente l’annosa questione di quale corpo porre presso l’Altare patrio a eterna memoria del sacrificio italiano nella Prima guerra mondiale: soldati caduti e senza nome ve n’erano in quantità, ma per parecchi di questi, a causa delle mostrine o di altre identificazioni, era evidente il corpo d’appartenenza; perché scegliere un bersagliere piuttosto che un ardito, un alpino piuttosto che un fante o un soldato di cavalleria? Ecco dunque che le alte sfere nazionali – militari e civili – ebbero l’idea di scegliere tra le salme dei soldati anonimi, dai cui tristi resti fosse sparita ogni singola identificazione. Doveva essere un semplice e al contempo potente simbolo del soldato italiano e basta. Eccoci giunti quindi al 28 ottobre 1921 nella Basilica paleocristiana di Aquileia, in provincia di Udine: ai piedi dell’altare maggiore undici semplici bare allineate, ricoperte ognuna da un drappo tricolore, e una madre di soldato disperso, Maria Bergamàs, chiamata al compito più difficile: scegliere. Dopo un avanti e indietro, la donna si accasciò piangente su di una bara, quella che, dal 4 novembre dello stesso anno, riposa presso il Vittoriano, con una fiamma perennemente accesa innanzi e una coppia di guardie delle nostre Forze Armate a sorvegliarla a turno. Noi italiani di cent’anni dopo siamo a conoscenza di questa storia? Non si pretende fin nei minimi particolari, ché quello è compito di accademici e di appassionati; ma perlomeno sappiamo chi
riposa presso l’Altare della Patria, perché e come ci è arrivato? Per onorarne la memoria, la Sezione di Verona, ha sostenuto l’iniziativa della Zona Medio Adige, che ha voluto fare un’approfondita ricerca storica sul Milite Ignoto, condotta dal Prof. Tommaso Migliorini e coadiuvato dal Dott. Alberto De Marchi, che ha prodotto un ipertesto multimediale ricco di notizie, link di approfondimento, testi da consultare, da divulgare a cura dei Gruppi Alpini, presso le baite, centri civici, scuole, associazioni ecc., in modo da consentire la massima diffusione. La Sezione di Verona, a corredo della ricerca, ha acquistato i diritti dall’Istituto Luce di Roma di filmati originali dell’epoca, che sono parte integrante della ricerca. I Relatori hanno tenuto parecchi incontri, promossi dai Gruppi Alpini ed altri Enti, fino a Gorizia, invitati dalla locale Sezione da dove tutto è iniziato. Se qualche Gruppo è intenzionato a promuovere l’iniziativa contatti la Segreteria Sezionale oppure direttamente al seguente indirizzo email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
(Fonte : www.ana.it)















Ciao Rosetta! La nostra madrina è andata “avanti”
Ci è giunta la triste notizia della morte della Madrina del nostro Gruppo Cordioli Maria (Rosetta), vedova del nostro ex socio alpino Valbusa Augusto. Non bisogna dimenticare il contributo di partecipazione che ha avuto la Madrina presso il nostro Gruppo, una collaborazione preziosa e gentile. Va inoltre ricordato che il significato della figura storica di “Madrina” affonda le radici in contesti storici ben definiti e ricchi di profondi valori morali. Storicamente le Madrine Alpine si individuano in quelle donne, figlie, sorelle, mogli e madri di generazioni di giovani che hanno svolto il servizio militare nelle truppe alpine e che spesso hanno dovuto combattere e talvolta sono caduti nel compimento del proprio dovere, per servire la Patria, durante le guerre che hanno funestato il secolo scorso. Attualmente la missione della Madrina è principalmente quella di mantenere un sereno e collaborativo rapporto con il gruppo e in questo particolare ruolo Rosetta è sempre stata all’altezza, dimostrando festosità e simpatia durante le nostre cerimonie alpine; la figura della madrina ha da sempre riscaldato i nostri cuori e ha tenuto alto lo spirito e l’onore per le nostre tradizioni Alpine.
COLLABORAZIONE...un ponte tra il nostro gruppo Alpini e l’associazione “il Dono”
Una richiesta, questa volta di indumenti; un passa parola, discorsi, telefonate e tutto inizia. Distanze che si accorciano, nuovi legami che iniziano, confronti educativi che si intrecciano nello sviscerare la migliore soluzione; energie individuali o di fazione che si legano (sinergie) che diventano soluzioni esponenzialmente concrete. Tante volte basta poco per far nascere qualcosa di unico per dare concretezza ad una richiesta di aiuto: un passa parola, una necessità, un bisogno e questo ha fatto germogliare in cuori sensibili ed attenti la risposta concreta a questo grido di aiuto. Questa volta sono stati delle scarpe o dei vestiti per scaldare corpi dimenticati e fuori dall’occhio mediatico, ma da questa breccia può uscire qualcosa di vero. COLLABORAZIONE! … questo è il ponte che si è costruito tra l’associazione Alpini di Lugagnano e l’associazione “Il Dono”. Ambedue i responsabili si sono trovati in sintonia ed hanno più volte sottolineato che la parola collaborazione è un “lascia passare” per tutte le associazioni di volontariato. Ogni associazione deve sì avere una propria integrità, ma deve tenere conto che lasciare una porta un po’ socchiusa ed il recinto aperto ad una certa visibilità di confronto, aiuta in modo sorprendente ed inaspettato alla provvidenza di operare. Il gruppo “Il Dono” OdV (Organizzazione di Volontariato) nasce nel 2013 a seguito di una consapevolezza che la realtà locale di Lugagnano iniziava a vivere; si riscontrava infatti in quegli anni un crescente aumento del disagio socioeconomico di molti concittadini e questo ha spinto alcuni volontari a donare tempo e risorse per le persone meno fortunate e quanti in difficoltà. Un impulso ed una certa “benedizione” arrivò dall’allora parroco Don Antonio Sona, il quale ha sempre stimolato le associazioni di volontariato ad aiutare quanti nella nostra frazione fossero in difficoltà.
Giovedì 11 Novembre alle ore 20.30 presso la baita degli alpini di Lugagnano in via caduti del Lavoro,4 si terrà la serata culturale dal titolo:
" Vita di caserma, ricordi di Naia..." - Conduce la serata: Ten. Col. Massimo Beccati.
Per accedere ai locali è obbligatoria la mascherina e il Green Pass
info: tel. 045.984396 - www.analugagnanovr.it email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Due giorni per rivivere l’esperienza calamitosa dell’Emilia. Sono passati quasi dieci anni dal terremoto accaduto in emilia e, come ogni volta che si va in emergenza, si incontrano sempre dei volontari speciali che poi rimangono in contatto negli anni a venire. durante quell’evento, personalmente ho fatto quattro turni di una settimana, ho lavorato assieme a Giovanni di Belluno per tre volte e nell’ultimo turno in compagnia di Fausto Mazzi, Claudio Guglielmi e Giordano Cicala. ci siamo rincontrati all’adunata dell’Aquila e di Trento.
“Il Pane è vita” - Giovedì 21 Ottobre 2021 Ore 20.30 Baita Alpini di Lugagnano Via Caduti del Lavoro, 4
Anche nella “Rotta Balcanica” gli Alpini di Lugagnano di Sona, l’Associazione il Dono con Energia & Sorrisi ODV (VI) hanno dimostrato di essere
al servizio del PROSSIMO. Costruttori di PONTI, diffidano delle barriere. Umiltà, Altruismo, Coraggio, le ricette che condividiamo.
Conduce la serata: Giampietro Dal Ben.
INFO: 045 984396
www.analugagnanovr.it email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.