La targa ai Caduti del 6° reggimento alpini – La lapide dei giganti 

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Quand’ero bambino, ogni tanto capitava che mio padre mi accompagnasse a fare un giretto per le vie del centro di Verona. Ciò mi rendeva molto felice in quanto mi permetteva di uscire dal mio piccolo mondo e di vedere e scoprire tante cose nuove. Ricordo quando mi imbattei per la prima volta con la targa del 6° alpini. Rimasi stupito nel vedere le figure di quei grandi uomini di bronzo che sembravano volare, dai volti fieri e dalla corporatura che mi rammentava gli erculei eroi che andavano in voga nei cinema parrocchiali dei primi anni ’70. All’immancabile domanda su chi fossero, mio padre mi rispose prontamente che erano dei giganti, ed io, con la mia fantasia, già li vedevo vitalizzarsi tra le grandi arcate della Gran Guardia, che sembrava fatta apposta per loro. Eppure da bambino non mi sbagliavo, quegli uomini erano stati dei veri giganti, se non fisicamente, lo erano stati per le grandi prove ed i terribili disagi che avevano dovuto sopportare nell’adempimento del proprio dovere, sino alla fine, nel silenzioso anonimato che solo gli umili, veri giganti, sanno compiere.  Se vi è un elemento quindi che  riassume in sé lo spirito, il cuore e l’anima degli alpini veronesi, questo è senz’altro la targa ai Caduti del 6° reggimento alpini. Inaugurata il 19 ottobre del 1924, è opera dello scultore Edgardo Simone (1890 – 1948). La targa non a caso era stata collocata sulle vetuste mura comunali; dalla parte opposta delle mura stesse, sul lato che guarda la cittadella di viscontea memoria, un tempo vi erano addossate le caserme che ospitavano il 6°, quindi in stretta continuità con la storia e la tradizione alpina veronese. Nella targa sono state raffigurate in senso allegorico le anime dei Caduti del 6°, che, come aquile in volo, paiono ascendere verso i loro monti a difesa dei sacri confini della Patria, per la quale si sono immolati, lanciandosi ancora una volta all’assalto. Spicca sopra di essi la figura della Vittoria alata: con il pugnale in mano ed i capelli al vento li sembra guidare, appoggiandosi con la mano destra sulla spalla di uno zappatore, mentre questi impugna come arma il suo piccone. L’alpino in risalto al centro invece è colto con il braccio teso nel lancio di una granata a mano. Porta a tracolla un tascapane ricolmo di tali ordigni, come si usava nel Corpo degli Arditi, e nel nostro caso, in particolare del XXIX° reparto d’assalto: reparto costituito proprio a Verona nell’ottobre del 1917 ed in cui confluirono molti volontari del 6°. Nel basso angolo sinistro, a simboleggiare le trincee, l’elemento che ha tristemente caratterizzato il primo conflitto mondiale, si intravedono alcuni paletti di sostegno del filo spinato, detti volgarmente “code di porco” per via della loro somiglianza con la coda del maiale.  Gli alpini, tutti con il cappello in testa e lo sguardo fiero, sono ritratti a torso nudo, dalle forme muscolari prestanti e ben definite nelle quali risalta la profonda conoscenza anatomica del valente artista Simone. Le grandi aquile in primo piano, dall’elegante dinamicità espressiva, sembrano fondersi in volo con le figure umane soprastanti, in un vortice sprizzante energia e movimento. La targa bronzea è stata fusa nella prestigiosa Fonderia Artistica Laganà di Napoli, fondata nel 1890 da Giovanni Amedeo Laganà, mecenate e raccoglitore d’arte. La grande lapide si trova inserita in una cornice di marmo veronese, attorniata a sua volta da una folta siepe di edera. Alla base della targa troviamo la scritta dedicatoria nella quale leggiamo: ALLE AQUILE DEL 6° ALPINI – CHE LE PENNE INSANGUINARONO – SU TUTTE LE CIME – A PROVA DI FERRO TORMENTA VALANGHE – PER IL PIU LIBERO VOLO L’autore della scritta, il poeta Sandro Baganzani (1889-1950) era stato un ufficiale del 6° nel Btg. Verona, vivendo in prima persona le dure esperienze belliche da cui trasse l’ispirazione per questa splendida epigrafe. Per quanto insolita, mai scelta dello scultore fu tra le più azzeccate. Brindisino di nascita, classe 1890, Edgardo Simone, era stato volontario nel primo conflitto mondiale meritandosi una Croce di guerra. Difficile ma doveroso esprimere in poche righe le sue doti e la sua prolifica attività artistica. Già nel 1912, appena ventiduenne, ebbe modo di dimostrare in un concorso internazionale il suo talento artistico venendo premiato a San Pietroburgo dallo zar Nicola II. Vinse ben 12 concorsi nazionali ed alcuni suoi pezzi vennero acquistati dal re Vittorio Emanuele III, dalla regina Margherita e da Mussolini, oltreché da numerose altre autorità e regnanti stranieri. Secondo la relazione redatta nel 1985 dal prof.  Antonio Mario Caputo, la stessa targa del 6° alpini gli venne commissionata direttamente dal re d’Italia: ecco forse svelato l’alone di mistero che ruota attorno al bozzetto anonimo che giunse in sede sezionale; bozzetto che tra l’altro esprimeva nelle sue componenti il sentimento ispiratore dei propugnatori dell’opera. Scoperto l’autore, Edgardo Simone venne invitato in sede, e dopo alcune piccole modifiche il suo lavoro venne approvato.

La fama di ritrattista preciso e raffinato in seguito lo portò oltre oceano, negli Stati Uniti, dove nel 1930 fu accolto alla Casa Bianca dall’allora presidente Hoower e dalla sua consorte per il pregevole mezzo busto che ritraeva la first lady. Lavoratore instancabile dalla velocità di esecuzione e dalla qualità dei modelli fuori dal comune, lavorò anche come scenografo nella capitale del cinema di Hollywood, dove si spense a soli 58 anni per un banale malore. Le cronache del tempo ci hanno lasciato un’ampia testimonianza di quel grandioso 19 ottobre 1924, ricca di enfasi e dovizia di particolari, culminata con la presenza straordinaria del re e di numerose altre autorità sia nazionali che cittadine. Presso l’Archivio di Stato di Brindisi, sono conservate una serie di corrispondenze riguardanti l’inaugurazione, tra le quali scegliamo un telegramma inviato alla municipalità brindisina il 20 ottobre, a firma dell’allora Sindaco di Verona Vittorio Raffaldi: Inaugurandosi oggi alla presenza di Sua Maestà il Monumento ai Caduti del Sesto Alpini, rendomi interprete unanime vivissimo plauso per l’opera pregevolissima eseguita dallo scultore Edgardo Simone, figlio della eletta terra salentina. La risposta non si fece attendere ed il prosindaco di Brindisi quello stesso giorno così rispondeva: Ringrazio della comunicazione e più ancora del gentile pensiero. Brindisi è lieta del plauso con cui la patriottica Verona ha voluto onorare il di lei figlio Edgardo Simone e gode che l’arte che tutto fa e tutto muove, abbia sancito un nuovo laccio d’amore fra le due sentinelle d’Italia. È stato scritto, forse giustamente, che le lapidi come i monumenti sono paragonabili alle pagine di un capitolo della storia di un popolo, e per questo promossi e diffusi in ogni località affinché non si perda il ricordo e la memoria. L’idea di erigere una grande targa ai Caduti del 6° era scaturita in seno al Consiglio della Sezione di Verona, quando i ricordi dei tanti compagni morti scottavano ancora nel cuore dei reduci che la componevano. Reduci fatti della stessa pasta di quei grandi uomini che avevano sacrificato tutto per il proprio Paese. Grandi uomini non potevano fare altro che lasciarci una grande testimonianza. A noi oggi il difficile compito di continuare sulla stessa strada.

Luca Zanotti

Fonti consultate:

-AA.VV., Agli Alpini, Edizioni di “Vita Veronese”, Anno XVII Aprile-Maggio 1964.

-Tito Nicolis (a cura di), Penne nere veronesi – 1878 – 1980, Verona, 1981.

-Giorgio Trevisan, Memorie della Grande Guerra – I monumenti ai Caduti di Verona e provincia, Verona, 2005.

-L’Arena, 2 ottobre 1924; L’Arena, 18 ottobre 1924; L’Arena, 21 ottobre 1924.

-L’Alpino, 20 ottobre – 5 novembre 1924.

www.emeroteca.provincia.brindisi.it/Brundisii%20Res/1982/Articoli/Lo%20Scultore%20Brindisino%20Edgardo%20Simone.pdf – Antonio M. Caputo, “Lo scultore brindisino Edgardo Simone”, relazione letta il 25 ottobre 1985.

www.noialpini.it/baganzani-sandro.

www.catalogo.beniculturali.it.